qui fuit apud nos lucerna juris
Non è di per sé lecito diffondere l’immagine di un personaggio noto insieme ad una sua intervista senza necessità del suo consenso solo perché è noto: occorre che vi siano finalità informative nel contesto di un evento, anche già avvenuto, riguardante la sua attività.
Si è trattato, nel caso deciso dl Tribunale di Milano, di un’intervista ad un noto calciatore ma con il contorno, nel servizio televisivo andato in onda, di prodotti tipici di merchandising riportanti l’immagine del calciatore intervistato ma con inquadramenti i su medaglie, supporti audio e ideo, libretti con fotografie avulse dal contesto calcistico [1].
I giudici milanesi hanno ritenuto l’intento evocativo della carriera del giocatore, nell’intervista, solo come un espediente per aggirare la necessità del consenso al’uso della sua immagine ed evitare la remunerazione connessa ad uno sfruttamento commerciale della stessa.
Le scriminanti della libera utilizzazione per il diritto di cronaca [2] e informazione giornalistica e di critica, invocate dall’editore convenuto, non potevano applicarsi nella fattispecie, essendo l’intento informativo nient’affatto preponderante anzi recessivo rispetto allo scopo di lucro insito nella diffusione delle immagini nell’oggettistica, e non bastando la notorietà del personaggio a escludere, di per sé, la necessità del consenso alla diffusione della propri immagine per finalità commerciali.
Il diritto all’immagine, analogamente al diritto d’autore sulle opere dell’ingegno, viene riconosciuto e garantito nel nostro ordinamento da più fonti normative [3] e può anche essere – al di là della titolarità, che resta assoluta e indisponibile – ceduto per l’aspetto economico di sfruttamento, sia dal titolare sia da un soggetto diverso purché sempre dietro previo consenso del titolare. Si tratta sempre di un contratto scritto tra le parti, cedente e cessionario.
Il Tribunale ha quindi condannato al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, l’editore televisivo convenuto, quantificandolo in una somma liquidata in via equitativa in base alla remunerazione che il personaggio avrebbe potuto ottenere se avesse autorizzato la diffusione dell’immagine, tenuto comunque conto del vantaggio economico di fatto conseguito e delle dimensioni della avvenuta diffusione.
Avv. Giovanni Bonomo
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[1] T. Milano, sent. N. 1699/2015, in esito ad un processo diventato noto come il “caso Rivera”
[2] Art. 65 e art. 70 l.d.a. sulle utilizzazioni libere. Per quanto riguarda il diritto d’autore, richiama il mio saggio L’assenza del “fine commerciale” nelle utilizzazioni libere ex art. 70 l.d.a. in Il diritto di autore, n. 4 ott.-dic. 2006
[3] Art. 2 cost.; art. 10 cod. civ.; art. 96 l.d.a., anche art. 1 d.lgs. 196/2003 del codice sulla privacy