qui fuit apud nos lucerna juris
Lo spazio minimo per il cane, un'ipocrisia che non risolve il problema del trattamento dignitoso degli "animali di affezione"
E' auspicabile che un'attenzione legislativa sull'animale d'affezione si abbia sul versante del suo benessere piuttosto che sul piano di una sua titolarità di diritti, anche se qualsiasi legge sulla tutela degli animali di compagnia sarà espressione del modo di pensare e della filosofia di fondo circa l'animale come soggetto potenzialmente portatore di diritti. Più che assicurare uno spazio minimo di movimento per il cane, come ha fatto la regione Emilia-Romagna, si tratta di porre in essere - seguendo il criterio del buon senso, inteso come senso di umanità - tutte le azioni concrete a tutela di un essere vivente, e come noi sofferente, che ci dimostra gioia, affezione, gratitudine, amicizia vera e disinteressata.
Si potrebbe dire meglio che niente, ma la preoccupazione della regione Emilia-Romagna di stabilire lo spazio minimo [1] che deve essere garantito al cane (non si considera il gatto perché forse è considerato girovago o senza fissa dimora?), non risolve il problema del trattamento del "miglior amico dell'uomo", al quale non importa tanto il numero di metri quadrati a sua disposizione quanto la vicinanza al proprio padrone, con il quale condividere il tempo e la sua vita di cane.
Tale normativa appare già inadeguata non distinguendo tra le varie razze e le diverse caratteristiche, che vanno dai cani minuti a quelli di grossa taglia. Si tratta di un passo avanti solo teorico nella legislazione a tutela dell'animale, il cui punto di partenza è ancora, purtroppo, il reato di maltrattamento di animali, sul quale ebbi già a esprimermi [2].
Non si conosce ancora il punto di arrivo del lungo dibattito sulla dignità degli animali e sulle possibilità di tutelare i loro interessi anche come diritti, secondo l'auspicio delle organizzazioni animaliste, ma sembra che il semplice buon senso, inteso come senso di umanità, possa essere il criterio guida al di là delle discutibili estensioni all'animale domestico dei diritti umani, che finora hanno solo provocato aberrazioni giuridiche [3].
L'espressione "diritti animali" (o diritti degli animali) si riferisce all'estensione alle altre specie animali di alcuni dei diritti fondamentali dell'uomo, quali il diritto di vivere in libertà o di non soffrire inutilmente. La posizione dei sostenitori dei diritti animali è più specifica di quelle dei movimenti animalisti che, nelle loro correnti più moderate, esprimonosolidarietànei confronti degli animali (animal welfare) senza necessariamente attribuire agli stessi deidiritti.
Nel 1975, Peter Singer (che si può considerare il fondatore del moderno movimento per i diritti animali) pubblicò il celebre saggio Liberazione animale, in cui introdusse il principio della pari considerazione degli interessi. Secondo tale principio, le nostre deliberazioni morali devono tener conto di tutti gli interessi di coloro, umani e non umani, che sono influenzati dalle nostre azioni. Discriminare gli animali rispetto a questa considerazione degli interessi, per Singer, sarebbe infatti infondato e ingiustificabile, e quindi puro "specismo", termine coniato per richiamare il disvalore del razzismo [4].
Ne consegue che qualsiasi legge sulla tutela degli animali di compagnia sarà espressione del modo di pensare e dalla filosofia di fondo circa l'animale come soggetto potenzialmente portatore di diritti. E' auspicabile che un'attenzione legislativa sull'animale d'affezione si abbia sul versante del suo benessere piuttosto che sul piano di una titolarità di diritti. E la legge regionale richiamata si pone almeno in questa direzione. Si tratta, più che altro, di porre in essere tutte le azioni concrete a tutela di un essere vivente, e come noi sofferente, che ci dimostra gioia, affezione, gratitudine, amicizia vera e disinteressata.
Avv. Giovanni Bonomo
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[1] Si tratta della recente legge regionale 29 marzo 2013 n. 3 "Modifiche e integrazioni alla legge regionale 17 febbraio 2005 n. 5 (norme a tutela del benessere animale)", la quale dispone che lo spazio idoneo al cane deve essere uguale a quello che garantisce un ricovero i cui requisiti strutturali minimi non differiscano da quelli previsti per i reparti di ricovero ordinario dei canili e gattili autorizzati sul territorio regionale. In pratica, se consideriamo quindi le misure previste per i canili, si tratta di uno spazio di almeno 9 mq, con una cuccia di almeno 3 mq e con un territorio di "sgambatura" di almeno 150 mq completamente recintato.
[2] Art. 544-ter cod. pen. "Maltrattamento di animali". Il mio articolo è leggibile in http://www.italiameravigliosa.org/il-maltrattamento-degli-animali-e-la-normativa-di-riferimento .
[3] Si pensi ai lasciti testamentari di alcune zitelle miliardarie inglesi in favore dei propri cani, che hanno fatto scalpore nella cronaca nemmeno recente.
[4] Si veda il significativo intervento del prof. Umberto Veronesi del 13 maggio 2013 http://www.youtube.com/watch?v=StE4kglX9Gs